Docente universitario

Alessandro Ardizzoni - 2002 Laurea in Matematica (quadriennale) - 2006 Dottorato di ricerca in Matematica - 2014: Ricercatore universitario - Impiego attuale (2015): Professore associato

Alessandro ArdizzoniA quale corso di laurea iscrivermi dopo il diploma? Alla fine del liceo avevo ristretto la scelta a Fisica, Informatica o Matematica. Le prime due opzioni dipendevano sia dai presunti sbocchi lavorativi sia dallo stretto legame con la matematica, la materia che in effetti preferivo. Una sera, tanto per farmi un’idea di cosa aspettarmi, ho dato un’occhiata agli argomenti fuori programma sul libro di testo di matematica e sono incappato nella nozione di Gruppo: ho sperato, tra me e me, che la matematica universitaria non fosse tutta così. Ciononostante, alla fine, confidando di aver più opportunità facendo qualcosa che mi appassionasse, dopo essermi confrontato coi miei genitori, ho deciso di rischiare scegliendo Matematica.
Gli anni di corso di Laurea al Dipartimento di Matematica di Ferrara in sintesi: corsi interessanti, docenti disponibili, ambiente famigliare tra gli studenti e, cosa non irrilevante per uno studente, portineria accogliente.
Questi quattro anni (allora erano quattro e non 3+2) sono passati in fretta. Lungo il corso di studi ho imparato ad apprezzare l’Algebra, il suo rigore metodologico accompagnato alla bellezza e profondità dei risultati (il Gruppo di cui parlavo sopra, ironia della sorte, è proprio un esempio di struttura algebrica). Ho così svolto la mia tesi in Algebra, sotto la guida del mio relatore, Prof. Claudia Menini, laureandomi nel 2002. La sicurezza non è mai stata il mio forte: al liceo non ero sicuro di essere in grado di affrontare con successo una matematica di livello universitario, poi all’università non ero sicuro di essere adatto al dottorato, ed ancora, conseguito il dottorato di ricerca, nel 2006, non ero certo di essere in grado di portare avanti con successo un assegno di ricerca. Eppure, un passo alla volta, ho capito che quella della carriera universitaria era un’opzione possibile e non solo una mia illusione.
Ho cominciato a fare ricerca quando il mio relatore, che mi ha poi guidato sia nel Dottorato sia nell’assegno di ricerca, mi ha coinvolto in un lavoro in collaborazione, interagendo dal vivo con lei e con altri, imparando così metodo, tecniche e strategie da chi aveva più esperienza di me. Grazie ai fondi di ricerca del gruppo locale di Algebra, ho potuto partecipare a vari convegni, seminari ed effettuare missioni di ricerca in giro per il mondo. E’ stato un modo per conoscere e farmi conoscere dalla comunità internazionale (incontrando di persona quei nomi che prima avevo solo letto sui libri) ma anche per restare aggiornato sulla ricerca più diffusa tra gli esperti del settore.
Ho ottenuto assegni di ricerca a Ferrara dal maggio del 2006 all’aprile del 2011: 5 rinnovi, e quindi il massimo possibile, avendo già usufruito di 3 anni di borsa di studio per il Dottorato. Anno dopo anno non ero certo che ci sarebbero stati fondi anche per il rinnovo successivo: è l’altro lato della medaglia della carriera universitaria, quello del precariato. Ad ottobre 2011, presentando un mio progetto di ricerca, ho vinto un Assegno di Ricerca Senior biennale presso il Dipartimento di Matematica di Padova. Dopo pochi mesi però, dopo l’ennesimo tentativo in vari atenei italiani, ho provvidenzialmente vinto un posto da Ricercatore universitario presso il Dipartimento di Matematica “G. Peano” dell’Università di Torino, dove tuttora lavoro.
Ogni volta che dico il mio lavoro, dopo qualche minuto l’interlocutore mi pone, con un leggero imbarazzo, l’inevitabile domanda: “ma cosa vuol dire fare ricerca in matematica?” Il sentire comune è che la matematica da scoprire sia già stata scoperta e che gli integrali siano quanto di peggio i matematici abbiano saputo regalare al mondo. In realtà i primi esami di Analisi Matematica all’università esauriscono tutto il materiale che si studia alle superiori, e tutto il resto è roba nuova. Anche all’interno di un singolo settore disciplinare come l’Algebra lo studio si specializza a tal punto che diventa impossibile conoscere tutto quello che c’è. Inizi a studiare un problema aperto che ti ha suggerito il tuo relatore. Il percorso è paragonabile a quello dello scultore: ti fai un’idea iniziale di quello che vuoi fare (progetto, idea) ; cominci a togliere grossolanamente alcuni pezzi di pietra (selezioni tecniche ed argomenti); capita di commettere qualche errore con lo scalpello o di dover ripensare l’opera ma spesso (non sempre) il risultato finale è migliore di quello atteso; col tempo e con gli errori acquisisci più esperienza e manualità; il blocco di pietra da cui sei partito può risultare abbastanza grande da fare più di una sola statua; a fine lavoro rifinisci l’opera sistemando alcuni dettagli (lavoro di fino); l’opera va anche pensata in base al gusto di chi la ammirerà e in qualche modo è legata alle altre opere dello stesso tempo; qualche opera riesce proprio male ed è meglio lasciarla incompiuta che perderci troppo tempo (meglio allora portare avanti più opere contemporaneamente nella speranza che almeno una riesca bene).
Ho parlato di ricerca, ma il lavoro del ricercatore include anche la docenza. Fin dalle superiori mi piaceva dare una mano a compagni di classe e amici con difficoltà matematiche, quindi l’idea di insegnare in un qualche modo era già presente e non mi dispiaceva. E’ interessante trovarsi all’università ad insegnare a persone spesso di età non molto lontana dalla tua. Da subito mi sono reso conto che l’insegnamento non è unilaterale o immutabile ma dipende pesantemente da chi hai di fronte e occorre quindi rimettersi in gioco ogni volta, anche se il corso è sempre lo stesso. E’ bello poi, a fine corso, vedere che, ogni tanto, si è riusciti a trasmettere un po’ della passione che ci muove: in fondo gli insegnanti che ci restano nel cuore sono proprio quelli che ci hanno saputo trasmettere un minimo di passione oltre alle nozioni.
Alcuni consigli utili per chi è interessato ad una carriera universitaria:

  • pazienza (i risultati, per maturare, hanno bisogno di studio e tempo di sedimentazione);
  • perseveranza (non arrendersi subito se i risultati tardano a venire o al primo insuccesso);
  • umiltà (saper ascoltare ed imparare da chi ha più esperienza ma anche dagli studenti);
  • iniziativa (sapersi mettere in gioco: scambio di idee, seminari,…).

Alessandro Ardizzoni